martedì 18 febbraio 2014

Il valore della vita



Siccome non voglio mai andare a scuola e preferisco bighellonare con i miei amici, un giorno mio padre mi dice:
«Oggi verrai con me a lavorare. Così vedrai come si fatica!»
Mio padre fa il giardiniere, va a potar piante, rastrella foglie e taglia l'erba nei giardini della città.
Quel giorno deve occuparsi niente meno che del giardino della terribile famiglia dei Biechi.
I Biechi sono ricchi e potenti, la loro casa è chiusa da una grande muraglia e per questo fa un po' paura. Chissà cosa mai si nasconde là dentro.
Ci incamminiamo alle prime luci dell’alba. Sono ancora assonnato e cammino lentamente, ma sorrido al pensiero di non essere rinchiuso a scuola quel giorno. Quando arriviamo in cima alla collina il cigolio del cancello mi fa sobbalzare. Seguo mio padre che già si appresta a varcare la soglia della dimora dei Biechi. Andiamo solo a potare delle piante e a tagliare l’erba, non c’è niente di cui preoccuparsi. Inoltre penso che appena mi annoio me la posso svignare per andare dai miei amici. A che mi serve studiare o lavorare? Preferisco starmene con le mani in tasca a fischiettare, senza pensieri o preoccupazioni, queste cose le lascio ad altri.
Con un tonfo sordo il cancello si richiude alle nostre spalle. 
Un uomo dalla lunga barba bianca ci aspetta in fondo al viale. I rovi si diradano man mano ci avviciniamo al vecchio, sostituiti ben presto da cespugli di bacche rosse. L’anziano ci saluta, pare gentile e cortese. 
Alberi rigogliosi dalle foglie lucenti, fiori dai profumi inebrianti, colori vivaci e intensi e l’aria che odora di rugiada. La piacevolezza di quel luogo incantato ci avvolge in pochi attimi. Il vecchio ci invita a seguirlo. Cammino sbalordito accanto a mio padre, anch’egli stupito da tanta bellezza.
«Questo cortile pare un paradiso, sarà un piacere lavorare quassù» esclama.
Annuisco sorridendo, la mattinata volge al meglio, altro che studiare e andare a scuola. 
Il cinguettio degli uccellini diviene una soave melodia mentre diversi animali del bosco fanno la loro comparsa. 
Tra le mura di cinta della casa in collina si svela ai nostri occhi la realtà sorprendente della famiglia dei Biechi. Il vecchio vive da solo da molti anni: la moglie malata l’ha lasciato da tempo e i figli sono all’estero per lavoro. Egli è un uomo pieno di vita, ricco e benestante, e gode di buona salute. Tuttavia preferisce condurre i suoi affari in gran segreto e per questo nessuno sa granché di lui. 
Camminiamo piacevolmente per un po’ di tempo addentrandoci nell’immenso giardino. Alberi secolari sembrano volgere le proprie fronde al cielo, in una sorta di silenziosa preghiera. Restiamo ammutoliti quando un arcobaleno dai colori meravigliosi compare improvvisamente innanzi a noi. Osservo estasiato le bellezze della natura e sorrido compiaciuto, è divertente andare a lavorare!
Improvvisamente mi ritrovo solo.
In lontananza vedo mio padre, lo saluto, ma il suo volto si contorce in un’espressione cupa e malinconica. Un tuono squarcia il silenzio e il cielo diviene completamente oscuro. Il vecchio dalla barba bianca, che ci ha accolto con gentilezza accompagnandoci in quell’entusiasmante passeggiata, siede ora in cima a una roccia. Avvolto nella tunica bianca tiene le gambe incrociate, ma i suoi piedi sono diventati orribili zampe di capra. Gli occhi sono neri come la pece e uno strano ghigno si dipinge sul suo volto.
«Tuo padre ti sta aspettando al cancello. L’ho fatto venire qui, ma è del tuo aiuto che ho bisogno. Sta a te decidere, se affrontare la vita come lui, faticando per avere un po' di gioia e soddisfazione o lasciarti cullare dalle meraviglie di questo mio mondo. Hai visto cosa ti posso offrire. E potrai portare anche i tuoi amici se decidi di lavorare per me. Ma devi decidere ora» tuona il vecchio minaccioso.
«Ma io vivo con la mia famiglia e mio padre vuole che torni a scuola. Che lavoro dovrei fare? Sostituire mio padre?»
«Oh, no! Non mi interessa che tu venga a fare il giardiniere. A me serve un pastore!»
«Un pastore? Ma io non so nulla di animali...» rispondo atterrito.
«Tu non sai niente di niente, non ti impegni a scuola e non vuoi faticare per vivere. La vita di tuo padre non fa per te. Te lo leggo negli occhi. A me serve uno stolto per  pascolare il mio gregge.»
Il vecchio si alza, con dei balzi si muove rapidamente verso un dirupo che appare improvvisamente alle mie spalle. Il giardino scompare del tutto e con esso pure mio padre. Tutto viene avvolto da un cielo color porpora mentre lingue di fuoco lambiscono arbusti scheletrici a ridosso del precipizio. Il corpo ricurvo del vecchio pare consumato da millenni, la tunica candida va contorcendosi per il forte calore. L’eco della sua voce è assordante. Mi afferra brutalmente, le dita scarnite infilano affilate unghie nere nella mia pelle. Ha gli occhi infuocati.
«Lavora per me. Pascola il mio gregge!» urla terribilmente.
Dove sorgeva il meraviglioso giardino che avevamo attraversato poco prima vedo un mucchio di persone muoversi come bestie senza guida. Odo versi raccapriccianti di anime perdute che si straziano dal dolore e che mi circondano in un attimo. Istintivamente chiudo gli occhi e mi copro le orecchie con le mani, ma i loro lamenti rimbombano nella mia testa.
Poi mi sveglio.
Sono sudato e tremante, percepisco il ritmico ticchettio dell’orologio posizionato sul comò. Mancano ancora alcuni minuti all’alba. Mio padre bussa alla porta.
«Alzati, che devi andare a scuola! Altrimenti vieni a lavorare con me oggi, devo recarmi dai Biechi. Mi hanno chiesto di curare il loro giardino.»
«No!» grido confuso «preferisco andare a scuola!»
«A bighellonare con i tuoi amici? Tanto non combini mai niente di buono!»
«Non è vero» rispondo amareggiato «prometto che mi impegnerò! Da oggi studierò e diventerò bravo a scuola.»
 Mio padre si sofferma per un istante sull’uscio, in silenzio.
«Speriamo sia così, davvero» sospira richiudendo la porta.
«Papà! Aspetta!» grido precipitandomi fuori dal letto mentre lo vedo uscire di casa con il tagliaerba e gli attrezzi in mano. 
«Non andare dai Biechi» lo esorto, abbracciandolo.
Lui sorride ricambiando l’abbraccio.
«Non ti preoccupare, sono brava gente. Te ne ho parlato ieri sera a cena. Il vecchio è un po' burbero, ma comunque è una brava persona. Ora è troppo debole per badare al suo giardino e mi ha chiesto se ogni tanto posso pensarci io. Sua moglie è malata e i figli non sono mai a casa.»
Lo guardo negli occhi e nel suo sguardo compassionevole intravedo l’amore per me e la mia famiglia, capisco che nonostante la fatica gioisce della vita. 
Mi vesto velocemente, metto lo zaino in spalla, saluto mia madre e mi precipito a scuola.
Per la prima volta arrivo puntuale, ascolto con attenzione la lezione, sogno di diventare come mio padre e mi innamoro perdutamente della vita.  



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