giovedì 3 aprile 2014

San Francisco, tra oceano e libertà


Alamo Square

Percorsa la strada che attraversa le terre agricole e talvolta aride della San Joaquin Valley, oltrepassiamo le zone di Berkeley e Oakland arrivando nella baia di San Francisco. I grattacieli della città si stagliano nel cielo limpido oltre il Bay Bridge mentre ci apprestiamo ad attraversarlo. Alla nostra destra si intravedono l’isola di Alcatraz e in fondo scorgiamo la sagoma rossa del Golden Gate avvolta nella nebbia. L’entusiasmo è alle stelle, attraversiamo la città passando dal South of Market (So.Ma), risalendo il Financial District da Market Street, passando da Union Square, Powell Street e presso la Grace Cathedral a Nob Hill, da North Beach fino al Fisherman’s Wharf e al Pier 39. 
    
Il molo è fantastico, si respira l’aria dell’oceano. C’è molto vento e fa freddo nonostante il sole. Tra boutique e negozi di souvenir, giostre e ristoranti di pesce, seguiamo la passerella che conduce tra le barche. Arriviamo in fondo al molo dove l’aria sferza il volto mentre un chiasso incredibile ci lascia ammutoliti. Di fronte a noi decine di foche e leoni marini se ne stanno adagiati su alcune banchine a prendere il sole. Alcuni lottano per il posto migliore, altri si fronteggiano duramente mentre altri ancora dormono o giocano a tuffarsi nell’acqua gelida. Lo spettacolo è impagabile. Passiamo diversi minuti a contemplare questi grossi animali mentre gabbiani e pellicani volano sopra di noi. Oltre il molo ecco apparire l’isola di Alcatraz tra i flutti della baia mentre in fondo scorgiamo il Golden Gate sempre avvolto in una fitta nebbia. Ci facciamo un panino fritto con polpa di granchio e gamberetti prima di riprendere la nostra visita di San Francisco. 


Lasciamo il Fisherman’s Wharf risalendo Van Nesse Avenue, passiamo tra le case vittoriane di Alamo Square, tra le bandiere arcobaleno di Castro, il quartiere simbolo della rivolta gay guidata da Harvey Milk negli anni Settanta, fin sulle Twin Peaks, le colline gemelle, per una bella vista dall’alto di San Francisco. 

Non perdiamo tempo e ci precipitiamo in Market Street per prendere l’autobus numero 21 che ci porta in dieci minuti su ad Alamo Square, a vedere le case vittoriane a schiera, un tempo dimora degli Hippies che le hanno ristrutturate e pitturate e da dove si gode di una delle viste più famose della città. 

Poi di nuovo sulla Market, alla Powell Station, dove prendiamo il biglietto per il Cable Car, il tipico tram di San Francisco. Da non confondere con i diversi tram che si vedono in giro per la città di diversi modelli e colori, donati da Milano, Boston, Birmingham, Philadelphia, San Diego e altre ancora. I Cable Car sono i tram storici che percorrono la Powell Street per poi risalire la Mason o la Hyde e scendere fin quasi al Fisherman’s Wharf. Esaltati aspettiamo il nostro turno vicino al Turntable, la pedana girevole che serve per girare il tram. Quindi saliamo, stando appesi fuori come nei più classici film ambientati a Frisco. Il tram sale incrociando altri tram che ci passano accanto.
La gente ride anche se pare un po’ tesa quando comincia la prima salita impervia. Si arriva in cima e subito comincia la discesa, altrettanto ripida. Poi il conducente esorta tutti a tenersi ben saldi: “Hold on! Hold on!” grida. Ed ecco che il tram affronta una curva accelerando e tutti si guardano e scoppiano a ridere. Poi un’altra salita e un’altra discesa ancora, e così via. Fantastico! Scendiamo tra la Mason e la Columbus Avenue risalendo a piedi la Lombard Street fino al tratto più famoso, Crookedest Street, la strada più tortuosa del mondo, a Russian Hill. La strada si fa tortuosa, tra cespugli fioriti e un buon numero di curiosi, dove le macchine possono solo scendere, lentamente. Arriviamo all’incrocio con la Hyde Street dove vediamo passare altri Cable Car. Stando là in cima e guardando giù per la Lombard Street si vede la strada scendere e risalire su per Telegraph Hill, con la sua torre simbolo, la Coit Tower, e a destra North Beach, il quartiere italiano con dietro i grattacieli del Financial District, dove svetta il Transamerica Pyramid. Volgendo lo sguardo a sinistra invece si vede la Hyde Street scendere fino al mare con l’isola di Alcatraz. 

Decidiamo di scendere nuovamente lungo il tratto tortuoso lungo la Lombard Street fino alla Columbus, raggiungendo quindi Washington Square con la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a North Beach. Qui ci sono numerosi ristoranti italiani con adesivi tricolori ai lampioni anche se non è così appariscente. Proseguiamo lungo Grant Avenue addentrandoci a Chinatown, il quartiere cinese. Incredibile come da una strada all’altra tutto cambi in fretta: negozi con insegne cinesi, persone dai lineamenti asiatici nettamente in maggioranza, case simili a pagode. Comincia a fare buio e l’appetito non manca. Torniamo verso il quartiere italiano e ceniamo da Figaro, lasagne e pasta con il pesce accompagnati da un Sauvignon della Napa Valley. 
  
La mattina seguente ci rechiamo al Golden Gate, fermandoci prima a Fort Point, nella zona del Presidio, costruito prima della Guerra Civile, dove si gode di una bella vista da sotto il famoso ponte. C’è il sole, il cielo è limpido e fortunatamente non c’è traccia della nebbia del giorno prima. 

Ed eccoci finalmente a camminare sul Golden Gate, inaugurato nel 1937, costruito in cemento e acciaio, lungo 2700 metri e sostenuto da cavi enormi. Completamente verniciato di rosso, ci vogliono due anni per pitturarlo e quando gli addetti ai lavori lo stanno per finire è già tempo di ricominciare dall’altra parte. Un’opera imponente che sfida le intemperie, l’oceano e la forza corrosiva della salsedine da oltre mezzo secolo. Il ponte è accessibile ai pedoni solo sul lato destro, in uscita dalla città. A est si può godere della skyline di San Francisco e delle isole di Alcatraz e Angel, oltre che della baia stessa. Ad un’altezza di 67 metri riusciamo a vedere le foche che nuotano tra le onde, mentre alcuni mercantili si dirigono verso il porto. Ci sono molti pellicani e gabbiani. Notiamo alcune cabine telefoniche di cui avevamo sentito parlare. Visto l’alto numero di suicidi dal ponte i telefoni d’emergenza sono per chi ha bisogno di aiuto. Risponde uno psicologo mentre nel frattempo accorre una pattuglia della polizia. Le macchine scorrono nei due sensi di marcia a più corsie mentre camminiamo sul marciapiede. 

Dopo circa un’ora arriviamo dall’altra parte, al Vista Point, dove si vede bene la città. Raggiungiamo Sausalito, un piccolo paese un tempo villaggio di pescatori, affacciato sulla baia. Dopo un breve giro decidiamo di rilassarci in un bar del porticciolo, sorseggiando un caffè freddo gigante. Il silenzio, l’odore del mare, la skyline di una città fantastica come San Francisco, rendono questi momenti indimenticabili. Verso mezzogiorno prendiamo il battello, sfidando il forte vento. Riappare il Golden Gate, prima nascosto dal promontorio, mentre ci avviciniamo all’isola di Alcatraz, famosa per essere stata un penitenziario di massima sicurezza. Qui furono rinchiusi criminali pericolosi, del calibro di Al Capone. Dopo la sua chiusura avvenuta a causa del duro regime carcerario contestato dall’opinione pubblica, sono stati girati diversi film come “The Rock” e “Fuga da Alcatraz”. Le prigioni dell’isola si possono visitare ma bisogna prenotare con largo anticipo. Raggiungiamo il porto costeggiando la città dove sono ben visibili le colline con le strade in salita di Pacific Heights, il Fisherman’s Wharf, il Transamerica Pyramid e i palazzi del Financial District oltre al Ferry Building con la scritta Port of San Francisco dove attracchiamo. Alle nostre spalle il Bay Bridge. 
Lasciamo il battello e il Ferry Building con la torre alta 71 metri del 1898, unico edificio resistito al terremoto del 1906, e ci ritroviamo nella bella piazza antistante l’Embarcadero Center, dove entriamo per un giro prima di ritrovarci di nuovo sulla Market Street e proseguire fino all’incrocio con la 3rd, dove svoltiamo, oltrepassiamo la Mission Street e raggiungiamo gli Yerba Buena Gardens, di fronte al SFMOMA, il Museum of Modern Art. Il silenzio, l’erba finemente tagliata, la tranquillità di quest’oasi che sorge tra moderni palazzi di vetro, musei e gallerie d’arte, invitano a lasciarsi andare. Ci sdraiamo nell’erba a guardare il cielo, il rumore del traffico pare lontano, forse coperto dallo sciabordio delle cascate d’acqua poco distanti. Le persone qui sembrano tutte così serene e piene di vita. Ricorda molto le città della East Coast, un po’ europee oltre che americane, come Boston. Una vecchia chiesa che sorge tra i grattacieli di recente costruzione. Mi sembra di esserci già stato. Sarà perché mi sono innamorato di questo luogo. Ci rialziamo storditi da tanta tranquillità per riprendere il nostro fantastico tour.

Passiamo di fronte al Moscone Convention Center, dedicato all’ex sindaco Moscone ucciso insieme all’attivista e politico Milk nel 1978. Prendiamo l’autobus 45 che percorre Chinatown, North Beach e la Union Street, e scendiamo all’incrocio con Steiner Street, a Pacific Heights, per salire su fino alla casa utilizzata nel film Mrs Doubtfire con Robin Williams, praticamente rimasta uguale. Molto belle anche le case vittoriane che si vedono tra queste strade, su e giù per le colline. La stanchezza comincia a farsi sentire mentre percorriamo la Union Street fino all’incrocio con la Van Ness Avenue dove prendiamo l’autobus 47 che ci porta al Civic Center con il City Hall, l’Opera e la Biblioteca Pubblica. Siamo sfiniti.

Verso sera saliamo sul tram (linea F) che percorre Market Street e l’Embarcadero fino al Fisherman’s Wharf. Torniamo al Pier 39 per vedere le foche e i leoni marini. Ce ne sono sempre tanti anche se alcuni cominciano ad allontanarsi in gruppi di cinque o sei, forse perché sta diventando buio. Il panorama è sempre incredibile mentre il sole tramonta sulla baia. Ceniamo al Swiss Louis, al molo. Il cameriere, di origini italiane, ci fa sedere ad un tavolo in un angolo della sala con le vetrate. Sotto di noi vediamo le banchine con le foche, di fronte il Golden Gate, a destra Alcatraz e a sinistra le colline di Pacific Heights. Si poteva fare a meno di mangiare dato che stavamo gustando appieno gli ingredienti essenziali della baia di San Francisco! Dopo un paio d’ore ritorniamo con il tram affollato verso l’hotel. Già sentiamo la malinconia della partenza. Vorremmo rimanere ancora per un po’. Ma purtroppo non è possibile. 

Sulle note di “I leaving my heart in San Francisco” ce ne andiamo lasciandoci Frisco alle spalle. 
Sicuramente non è un addio, ma un “arrivederci San Francisco”.
  

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