sabato 30 agosto 2014

Yosemite National Park, tra sequoie giganti e minuscoli colibrì

Yosemite Valley
Lasciata Las Vegas ci inoltriamo nel deserto del Nevada fino al confine con lo stato della California. La strada corre veloce nelle distese di terra arida. Poco più a nord ci sono la Death Valley e l’inavvicinabile Area 51. Oltrepassato il confine comincia il deserto del Mojave con numerosi Joshua Tree, così chiamati perché i suoi rami ricordano le braccia levate al cielo del profeta Giosuè. Ci fermiamo a Barstow per una sosta, in un’area di servizio dove ci sono decine di trucks, i grossi camion americani, molto belli.

Il deserto poi lascia spazio alle prime coltivazioni. La California è una delle regioni agricole più ricche del mondo e i suoi prodotti sono protetti rigorosamente. Basti pensare che al confine c’era una frontiera doganale per l’ispezione di camion e veicoli dato che vige il divieto di importare qualsiasi tipo di genere alimentare, soprattutto frutta e verdura. Attraversiamo vigneti, campi di granoturco, di frumento, distese di mandorli e peschi. Ci fermiamo a Bakersfield per il pranzo, una steak da Sizzler, come in Arizona. Quindi entriamo nella Central Valley e proseguiamo verso nord passando Fresno e svoltando a Merced, quindi su fino a Mariposa a 1200 metri, alle porte dello Yosemite National Park. L’hotel è un discreto Best Western sulla strada, ma ormai è buio e così ci concediamo una pizza in un posto assurdo tipicamente americano. Ceniamo con una coppia di ragazzi toscani che abbiamo conosciuto e poi andiamo a dormire.

Dopo la colazione prendiamo la strada che passa dal paese di Oakhurst per l’ingresso sud del parco dello Yosemite, tra le montagne della Sierra Nevada. Due cervi ci attraversano la strada mentre scendiamo a Wawona per prendere la navetta che si addentra nel parco fino a Mariposa Grove, dove ci sono le sequoie. Qui camminiamo lungo un sentiero che in pochi minuti ci conduce tra questi enormi alberi. Ci sono scoiattoli e cerbiatti. Il bosco è pieno di rami secchi, ci sono anche alberi anneriti dagli incendi e una sequoia precipitata al suolo. Qui la legge vuole che l’uomo non debba interferire con la natura. I boschi non vengono puliti dallo sporco naturale, come rami secchi o foglie, gli incendi addirittura fino a pochi anni fa non venivano domati. Ora vengono fatti incendi controllati per evitare disastri come accadde nello Yellowstone nel 1998 dove il 50% del parco venne distrutto. Camminiamo per mezz’ora, l’aria è fresca ma il sole scalda, ci sono circa 24°. Le sequoie sono alte fino a 90 metri e la base del tronco ha un diametro tra i 9 e i 12 metri. Vediamo la sequoia Bachelor e le Three Graces per poi raggiungere il maestoso Grizzly Giant, un vero gigante nel bosco, vecchio di 2700 anni. 

Quindi ritorniamo lungo il sentiero percorso prima e poi lungo la strada che conduce al punto panoramico Valley View. Da qui la vista sulla Yosemite Valley è spettacolare: a sinistra svetta il massiccio granitico dalla parete perpendicolare di El Capitan (2307m), a destra il Glacier Point (2199m) e in fondo l’Half Dome (2693m). Scendiamo nella valle passando vicino a una cascata in primavera colma d’acqua, ma in estate quasi asciutta, la Bridalveil Fall, alta 187 metri. Proseguiamo fino allo Yosemite Village Tourist Center, lungo il fiume Merced River. Qui camminiamo lungo un sentiero che si addentra fino alla cascata Lower Yosemite Fall. Ci sono numerosi scoiattoli, respiriamo l’aria fresca della montagna anche se al sole fa caldo. Ci sono 30°. Seduti su una panca intarsiata nel legno ci rilassiamo godendo della vista dell’Half Dome.

Raggiungiamo una piccola spiaggia in riva al fiume per provare a mettere i piedi nell’acqua fredda. Eppure molti fanno il bagno. Ci sono uccelli dai colori bluastri con una simpatica cresta che ci saltellano intorno. Gli scoiattoli si intrufolano tra gli zaini in cerca di cibo, e mi viene in mente il cartone animato dell’orso Yoghi che ruba la merenda ai turisti del parco mentre il ranger lo rimprovera. Ma sono solo scoiattoli... e lui era a Yellowstone. Uno mi si avvicina titubante e prende la ghianda che ho in mano. Non ci accorgiamo nemmeno che nell’acqua sguazza una biscia che si avvicina a riva per poi ritornare nel fiume. L’incanto del bosco e della valle dello Yosemite dura poco, è già ora di tornare. Percorriamo una strada diversa da quella dell’andata, costeggiando il Merced River fino all’uscita ovest del parco. 

Passiamo su un ponte costruito pochi anni fa quando una frana travolse un tratto di strada. Qui piuttosto di ripulirla fanno deviazioni e costruiscono ponti. Nel tardo pomeriggio siamo di nuovo a Mariposa. Con grande stupore scopriamo che il paese non è solo quel tratto di strada visto la sera precedente al buio. Ci sono alcune case colorate con negozi di souvenir e qualche ristorante tra fiori e farfalle. Infatti Mariposa in spagnolo vuol dire “farfalla”. Ci incamminiamo subito scoprendo un simpatico negozio con articoli indiani e stampe d’epoca che vende un po’ di tutto.

Poi entriamo al The Butterfly Cafè, un ristorantino con un giardino dove c’è qualche tavolo per cenare tra edera e fiori. Ci sono api, libellule e farfalle, ma soprattutto è pieno di colibrì! 
Non li avevamo mai visti da vicino. Grazie ad alcune vaschette con dell’acqua appese al gazebo del giardino riusciamo perfino a fotografarli mentre sono fermi, prima che riprendano il volo sbattendo le minuscole ali a una velocità incredibile, muovendosi come minuscoli insetti impazziti. Concludiamo questa bella giornata bevendo una birra locale, la Sierra Nevada, leggermente scura ma buona, e addentando avidamente un hamburger con fette di bacon abbrustolite. Come dei veri americani. Poi ripartiamo, direzione San Francisco!

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